Quando ho riscoperto i colori

Posso dire di aver riscoperto i colori in una torrida giornata di agosto. Un’amica, accompagnatrice naturalistica, mi ha invitato a una passeggiata storica e qui l’ho vista far raccogliere ai bimbi partecipanti del sambuco per poi spremerlo e usarlo per colorare. Ovviamente ho voluto provare anch’io. Così mi sono accorta che non mi ero mai interessata più di tanto all’origine dei colori, che per me erano solo comodi tubetti di diverse tonalità che mi potevo procurare comodamente nel colorificio vicino a casa. Di certo non avevo mai tenuto in considerazione l’idea di farmene uno. Però lo spremere le bacche, vedere quel succo viola e denso mi ha fatto venire una gran voglia di fare qualche esperimento. Non sapevo neanche come procedere, così ho iniziato un po’ a caso e ogni scoperta che ho fatto strada facendo mi ha sorpresa.

Il primo tentativo è stato proprio col sambuco, perché bastava semplicemente spremere le bacche. Anche se il risultato all’inizio mi è sembrato molto gradevole, è bastato poco tempo perché il disegno, dal viola scuro, sbiadisse fino a diventare quasi grigio. Già, è così che ho scoperto che molte sostanze coloranti estratte dalle piante hanno bisogno di un mordente per poterle fissare.

 

Gazza ladra dipinta con il succo di sambuco

 

L’idea di poter creare dei colori, però, mi affascinava troppo, così non mi sono data per vinta e ho cercato delle ricette.
Così sono arrivata al secondo esperimento, che ha avuto come ingrediente principale le ghiande.
Va detto che in realtà fino a tutta la durata del medioevo l’inchiostro nero era ricavato dalle galle di quercia, ricche di tannini. Le galle sono delle escrescenze che si formano sulle piante attaccate da insetti o parassiti. Purtroppo però nelle mie passeggiate armata di sportina per la raccolta non ho avuto fortuna, e così ho ripiegato sulle ghiande, che comunque hanno un buon livello di tannini. Sicuramente questa volta è andata meglio, ma il procedimento è piuttosto laborioso, perché è necessario bollire le ghiande per moltissimo tempo. Anche per questo ho ricavato davvero poco inchiostro. Comunque, la sudata preparazione (era pur sempre agosto!) mi ha portato un marrone scurissimo e caldo che mi ha conquistata.

 

 

Quando a ottobre è arrivato l’appuntamento con Inktober, il momento in cui ogni disegnatore è si sfida realizzando un disegno al giorno con l’inchiostro, ero pronta a sperimentare altri colori fatti con la buccia delle cipolle gialle, il seme di avocado, la fitolacca e il mallo di noce.
Ho deciso di scegliere un tema che fosse già nelle mie corde, così da concentrarmi sulla sperimentazione degli inchiostri. Quindi ho realizzato quotidianamente un ritrattino di un uccello delle Alpi, prima con un solo inchiostro e poi iniziando ad abbinare le varie tonalità.
Insomma, eccoli qui.

 

 

Sicuramente l’inchiostro che ho amato di più, un po’ per la facile realizzazione e reperibilità del materiale, un po’ perché la tonalità che è venuta fuori è simile al mio colore preferito, è quello fatto con i semi di avocado. Sì, lo ammetto: una buona parte l’ha fatta il potermi mangiare tonnellate di guacamole! Ma mentre il frutto è verde, l’inchiostro fatto con i semi è di un bellissimo color rosso inglese.

 

I disegni fatti con l’inchiostro di semi di avocado

 

Ecco la ricetta che ho usato per prepararlo:
2 semi di avocado
1 bicchiere e mezzo d’acqua
1 cucchiaino di carbonato di sodio (quello per fare le pulizie)
1 cucchiaino di gomma arabica in polvere (la trovi nelle drogherie)
4 gocce di olio essenziale di timo (lo trovi in erboristeria)

Prepararlo non è così complicato: prima di tutto devi tagliare i semi di avocado freschi in pezzetti e metterli a bollire con l’acqua. Dopo poco comincerai a vedere, per magia, i semi bianchi rilasciare la fantastica tonalità rossastra. Dopo 15 minuti spegni il gas e fai raffreddare per qualche minuto, poi filtra l’inchiostro in un vasetto, aggiungi la gomma arabica e il carbonato di sodio e agita bene per farli sciogliere. Le gocce di timo servono per rallentare la marcescenza, ma devi comunque controllare spesso la bottiglietta, perché l’inchiostro non si conserverà per sempre.

Ho raccontato questo procedimento anche nella trasmissione Cafè Bleu, su Radio Beckwith, dove sono stata invitata come ospite proprio in occasione di Inktober. Qui puoi vedere come tento di raccontare un po’ di me e un po’ degli inchiostri, facendo finta di non essere una persona super-timida.

 

Questo Inktober l’ho realizzato in viaggio. A Losanna ho incontrato dei passeri davvero incuriositi dalla fitolacca. Attenzione, però, la fitolacca, oltre a macchiare tantissimo, è velenosa, quindi non ingerirla e tienila in un posto sicuro, lontano da animali e bambini.

 

Anche se non sono certamente stabili come quelli che si possono trovare in un negozio di belle arti, questi inchiostri mi hanno invogliata a scoprire sempre di più sui colori, su come venivano ricavati in passato e alla fortuna che ho oggi, come illustratrice, di poterli dare per scontati, così stabili, così brillanti e così facilmente mescolabili tra di loro. Ho cominciato a leggere diversi libri sull’argomento e a non pensare al blu oltremare e all’indaco come due semplici sfumature di blu ma, conoscendone l’origine, a riconoscere le loro caratteristiche uniche. Quando mi sono ritrovata tra le mani una sciarpa tinta con l’indaco l’ho guardata come un’apparizione e ne ho annusato il caratteristico odore fino a emozionarmi.

 

Stoffa tinta con l’indaco (Indigofera tinctoria) – Vietnam